Un pensiero…

…da melardot…concedetemelo

4 marzo – Visti gli impegni avevo ormai accantonato l’idea di uscire sabato mattina; poi tutto si è incastrato a mo’ di “puzzle” e ritrovandomi la mattinata libera, nell’impossibilità di trovar compagni di uscita, ho optato per una breve sgambata in solitaria. Nonostante il cielo cupo e minaccioso, a limite dell’acquazzone, è stata una scampagnata eccellente sotto molti punti di vista. Il maltempo aveva abbondantemente imperversato nei giorni precedenti l’uscita ed ho, quindi, optato per un breve anello attorno a Brisighella tutto su asfalto alla faccia di chi disdegna e critica sempre questo tipo di uscita in MTB. Salita breve, ripida ma al tempo stesso piacevole nelle gambe, traffico pressocche nullo, e come colonna sonora, cinguettii e stridii vari di volatili. Un letto di portata eccellente per pensare.

Ho sempre considerato pazzo e masochista chiunque si cimentasse in una qualsiasi prova fisica soprattutto se aveva come sfondo le condizioni atmosferiche che stavo incontrando oggi; grazie al cielo nella vita si cambia. Bici e “strada” da perfetti sconosciuti (quasi ostici) si sono rivelati buoni amici e maestri; non chiedono nulla, sanno accettare quello che puoi dare, poco o tanto che sia.
All’inizio è dura… porco giuda se è dura, ma anche se sembra impossibile, pazientando e perseverando, si impara ad apprezzare anche la fatica godendo persino dei progressi fatti anche se piccoli. La sfida vera e propria, come sempre, è con me stesso: Figlio del  mio trempo faccio parte della categoria del “tutto e subito”: trangugio senza assaporare le cose e gli avvenimenti. Appena termino qualcosa passo velocemente ad altro cercando il sistema che implichi sempre il minor sforzo possibile per il massimo del risultato.

Mountain bike, invece, insegna il poco e gradatamente. La salita è una gran maestra in questo. Pochi km di distanza da percorrere possono richiedere ore, ogni pedalata è importante per quella successiva ed è solo con la lenta esperienza maturata, imparando ad ascoltarsi che si arriva alla cima via via più ardua senza scoppiare.
Nonostante l’esperienza ed i progressi dopo anni di pedalata sono ancora l’ultimo del gruppo, il fanalino di coda. Ho imparato a fare delle mie NON performance una virtù. Andando con il mio passo mi godo il panorama e se sono fortunato scopro particolari dello stesso percorso che nelle precedenti uscite, un po’ per l’affanno un po’ per la fretta di raggiungere il gruppo non avevo notato: una vecchia ma affascinante costruzione nascosta da un boschetto, una stradina nuova che mi incuriosisce e che sarebbe da esplorare, magari la prossima volta che ripasso nello stesso posto da solo, la gioia di trovare uno scorcio nuovo riscoprendo la bellezza della novità nelle cose semplici di sempre.

Primavera 2009, a 47 anni, pedalando in solitaria tranquillità tra borghi e stradelli, ho riprovato le sensazioni di quel Pierenea bambino che passava le proprie giornate cazzeggiando su e giu per la campagna tra fossi pieni di girini e pozzanghere mentre mio padre e la mia famiglia lavorava nei campi o che giocava per ore nel cortile di casa con “frusta e pirona” fatte fare da mio zio all’amico tornitore; sensazioni, ormai dimenticate, che erano via via svanite “maturando“, perse per sempre…credevo. In realtà erano esattamente dove le avevo lasciate da bambino, ritrovate per caso, come spesso accade, quando non le si sta cercando; erano solo nascoste… nascoste sotto quella grossa coltre di polvere depositata negli anni dalla complessità della vita quotidiana che fa dimenticare troppo spesso che la semplicità è, forse, una delle chiavi di volta della serenità.