Melardot[1] è un’espressione tipica romagnola che descrive esattamente come sono io dopo una pedalata lunga, specialmente se in salita…o se non pedalo da un pò e sono fuori forma…

Mi chiamo Pierenea nome, diciamo così… “originale” e sono una delle tante dimostrazioni che non occorre esse “Pantani” per pedalare divertendosi.

La mia prima volta… in mountain bike
Sabato 20 maggio 2006 – pomeriggio soleggiatissimo, caldissimo…afoso quanto basta. I futuri ex amici Paolo ed Enzo, “mentendo” spudoratamente sulla loro forma fisica e  soprattutto sulle effettive difficoltà che da neofita avrei potuto incontrare, mi hanno convinto ad uscire con loro. Un’escursione nei pressi dell’Eremo di S. Antonio a Monte Paolo sopra a Dovadola. Lo avevano definito come il percorso collinare più facile fra tutti: qualche mangia-e-bevi, un passaggio in un bosco ombreggiato semi-pianeggiante che termina con una breve salita fino all’Eremo di S. Antonio. Dall’Eremo, poi, tutta discesa fino alla macchina passando da Castrocaro; avevano detto un’uscita di 25Km poco più; «l’è una cazeada…»[2]. Il percorso è effettivamente molto bello e sarà sempre tra i miei preferiti. Con un minimo di allenamento può essere classificato come “medio/facile“… ma non come prima uscita!!!

In pratica è andata così…
Innanzitutto non sono 25, bensì 33 Km (⅓ in più).
Partenza dal cimitero di Villa Rovere (di buon auspicio…).
Cominciamo a pedalare poco dopo pranzo verso le 3 del pomeriggio in uno dei primi caldi, torridi come spesso capitano a maggio. Temperatura ed orario “ideali“. Gli “amiconi” ovviamente ben allenati partono a spron battuto ed io nell’inutile tentativo di stare al passo arrivo arrancando e già stremato alla Rocca di Monte Poggiolo a pochissimi km dalla partenza.

Non avevo ovviamente abbigliamento adeguato, ne un mezzo idoneo al percorso. Il “gatto e la volpe” si sono presentati in abbigliamento tecnico (salopette da ciclista, guanti, occhiali tecnici e casco di protezione) come due professionisti rispettivamente con un’Olympia e una Bianchi nuove fiammanti che pedalavano praticamente da sole. Io, alla stregua di Fantozzi, avevo la bi-ammortizzata del mio primogenito, allora 11enne, tra l’altro piccola per me ed il mio abbigliamento “tecnico” era costituito da pantaloncini da mare, t-shirt da battaglia, scarpe da ginnastica e come protezione cappellino e occhiali da sole.[3]

Ma ritorniamo all’escursione: alla Rocca di Monte Poggiolo iniziano i famosi mangia-e-bevi, su sterrato, fino Converselle. Per chi non sa cosa sia un mangia-e-bevi, una definizione descrittiva (scovata in internet) cita:

percorso collinare con alternanza di brevi e leggere salite,
moderate discese, intervallata da tratti pianeggianti o in falsopiano.

Alla faccia delle moderate discese intervallate da tratti pianeggianti!!! Percepivo le salite come “eterne” e le discese “istantanee“.

Arrivati a Coverselle, il percorso ritorna su asfaltato ci si raccorda a via S.Lucia fino all’imbocco di via Monte Paolo dove si trova il famoso bosco su sterrato ombreggiato e in falsopiano. Il collegamento tra Converselle e via S. Lucia è via Croce (…no comment) che a detta di Enzo è una sicura, veloce e divertente discesa su asfalto senza traffico…senza traffico…peccato che la fiat punto grigia che saliva in senso opposto non sapeva fosse senza traffico… Infatti per schivarla sono rovinosamente caduto, senza conseguenze, ruzzolando come un copertone in mezzo ad un vigneto.

Il bosco era effettivamente in ombra e bellissimo, ma tutta sta pianura non me la ricordo; il falsopiano era più falso che piano. La breve salita, alla fine del bosco, che porta all’Eremo consta di 2km è mezzo con strappi che danno l’impressione di essere sul Mortirolo.

Si arriva finalmente al monastero per la meritata sosta prima della tanto attesa discesa fino al parcheggio. All’eremo di S. Antonino c’è una fontana con acqua fresca anche in estate che dopo aver faticato come mai prima sembra uno “chardonnay” ghiacciato; poi si comincia il rientro ma, come ciliegina sulla torta dall’Eremo non è tutta discesa. Anche se in seguito ho scoperto che ci sarebbe stato un percorso più easy gli amiconi mi han fatto provare l’ebrezza un’altra salitina di 1 km circa…maledetti.

Via via pedalando e allenandomi sono leggermente dimagrito, ma nel 2006 ero un 42enne di 104 kg e “0”, ribadisco, “0” km di allenamento in bici…pianura compresa. Non so quale santo (forse QUESTO) mi ha aiutato a finire il percorso; ero praticamente sempre fermo; ho bevuto non so quanta acqua, avrei voluto avere bocche, narici e polmoni supplementari per poter fronteggiare quel continuo stato di apnea che mi annebbiava la vista. Sono tornato alla macchina vivo, miracolosamente intatto solo un po’ scorticato e ammaccato e alla sera mi dolevano muscoli di cui, sinceramente, ignoravo l’esistenza, ma…a dispetto di quelle che fino ad adesso sembrano solo critiche…

mi sono spa-tac-ca-to.[4]

Da allora appena posso pedalo anche in solitaria; da qualche anno ho dovuto appendere al chiodo ma MTB a causa di un’ernia cervicale, ma anche su strada la bicicletta è bella. Se sono in gruppo sono il bradipo della compagnia, il perenne fanalino di coda che con il pretesto di scattare qualche foto o di sistemare il GPS si ferma, si rianima e riprende fiato. 

La buona produzione di materiale dei primi anni di uscite mi ha spinto a realizzare uno spazio web semplice ed accessibile anche per i non addetti ai lavori (Facebook era agli albori e Whatsapp non esisteva). Per vari anni queste pagine sono state un riferimento per le uscite ed i ritrovi goliardici del gruppo dei “Melardot” che si era formato e progressivamente espanso tanto da “realizzare” persino la divisa con tanto di logo personalizzato. Pubblicavamo le proposte di escursione, gli scatti fotografici e le tracce GPS che memorizzavamo durante le varie uscite.

Ora, anche per motivi di privacy, l’archivio fotografico è presente solo in parte giustamente soppiantato dai social, molto più immediati e funzionali; ho mantenuto solo qualche scatto relativo alle attività straordinarie come la Transparco o la Ciclogastronomica. Il sito ha mantenuto il layout (in pieno stile “boomer” quale sono) quasi originale e ad oggi (2023) è diventato una sorta di appunti personali e tecnico-meccanici.


[1] – Malridotto, malandato, malconcio, malmesso, sbrindellato, ridotto in cattivo stato.
[2] – E’ una baggianata, una sciocchezza
[3] – Parafrasando Cevoli: utili, in caso di caduta, “come un culo senza il buco”
[4] – Sempre dal romagnolo: “spataccarsi” “spataccato” “spatacco” significa divertirsi moltissimo, dal dialetto “spatachêss” che secondo il vocabolario romagnolo-emiliano di Libero Ercolani (1960) significa “Sbellicarsi (per il troppo ridere). Spappolarsi come una patata. (es. “Sono andato a Mirabilandia! E’ stato uno spatacco!”)